Il bromo (Bromus erectus) è una graminacea estremamente diffusa in tutta la regione Emilia-Romagna e non solo; si trova mescolata ad altri tipi di vegetazione, solitamente in luoghi caratterizzati da condizioni di grande luminosità e scarsità d’acqua. Si trova nei cespuglieti, nei boschi radi xerofili; in luoghi dove le condizioni di aridità sono ancora più accentuate invece si trova subordinata alla presenza di altre specie erbacee.
Nei terreni più marginali, quelli poco adatti alla coltivazione ed utilizzati come prati per il pascolamento del bestiame, il bromo diventa dominante e si addensa in praterie stabili che si mantengono nel tempo fintanto che dura una regolare azione di pascolo.
I brometi che crescono su suoli tipici dei pascoli (profondi e ricchi di sostanze nutritive), dei boschi radi e dei cespuglieti si presentano come prati compatti ed una cotica erbosa densa. Sono praterie che nel periodo primaverile regalano panorami rigogliosi, ai margini delle quali solitamente abbondano le fioriture della sulla, talvolta delle ginestre e di alcune orchidee.
La valle del Sillaro è costellata di questi ambienti e passeggiare a piedi o in bicicletta attraverso le praterie a bromo è un’esperienza magica, specialmente nelle ore delle ombre lunghe, all’alba e al tramonto: i colori si fanno più caldi e i prati sembrano infuocati.
Altre specie che troviamo nei prati a bromo sono la piantaggine pelosa (Plantago media), ranuncolo bulboso (Ranunculus bulbosus), il ginestrino (Lotus corniculatus), l’erba medica lupulina (Medicago lupulina), l’ofride di Bertoloni (Ophrys bertolonii), l’orchidea piramidale (Anacamptis pyramidalis).
Le specie
Piantaggine pelosa (Plantago media): fiorisce nel periodo primaverile e le parti più utilizzate sono senza dubbio le foglie. Le sostanze in esse contenute sono: tannino, aucubina, pectina, acidi sali, saponina e gomma, vitamine A, C e K.
Ha moltissime proprietà: espettoranti, emostatiche, refrigeranti, astringenti, depurative, lenitive lassative e diuretiche. L’infuso delle foglie è usato per gargarismi, bagni oculari, le foglie, macerate, alleviano il dolore delle punture di insetti e lo sciroppo è un calmante della tosse.
Le piccole foglie centrali della rosetta di base sono buone in insalata. Le altre, cotte, sono raramente usate da sole, più spesso insieme ad altre erbe possono contribuire alla preparazione di un buon minestrone, di contorni o di ripieni.

Ranuncolo bulboso (Ranunculus bulbosus): tutte le sottospecie di ranuncolo bulboso contengono l’anemonina, sostanza particolarmente tossica per animali e uomini. Gli erbivori brucano le foglie di queste piante con molta difficoltà e solamente dopo una buona essiccazione (erba affienata) che fa evaporare le sostanze più pericolose. Anche le api evitano di bottinare il nettare dei ranuncoli. Sulla pelle umana queste piante possono creare delle vesciche (dermatite), mentre sulla bocca possono provocare intenso dolore e bruciore alle mucose.
Secondo la medicina popolare questa pianta ha delle proprietà vescicatorie, antispasmodiche (attenua gli spasmi muscolari, e rilassa anche il sistema nervoso) e revulsive (decongestionamento di un organo interno attraverso delle applicazioni sulla pelle). L’uso pratico di questa pianta è sconsigliabile vista l’alta tossicità. Si narra che un tempo i mendicanti strofinassero sulla pelle le foglie di questa pianta al fine di produrre piaghe e quindi aumentare la generosità dei benefattori.

Ginestrino (Lotus corniculatus): si tratta di una leguminosa spontanea e coltivata per la produzione di foraggio: il fieno che se ne produce, fine e aromatico, è di norma molto appetito se ottenuto con foraggio falciato appena prima della fioritura.
Secondo la medicina popolare si possono utilizzare i frutti per le loro proprietà stimolanti e carminative. Le foglie venivano usate in cucina come aromatizzanti.
In erboristeria invece viene il ginestrino viene utilizzato per la sua azione sedativa, utile nei casi di angoscia, depressione, insonnia e tachicardia. Contiene glicosidi flavonoidici e fenolici, composti cìanogenetici e acido cianidrico.

Erba medica lupulina o lupolina (Medicago lupulina): la lupolina è una pianta che si presta per il pascolo in quanto dimostra una discreta resistenza al calpestio ed essendo caratterizzata da una pronta ripresa vegetativa primaverile, è in grado di fornire un pascolo precoce. In tali condizioni essa riesce, tra l’altro, a contribuire favorevolmente alla qualità del foraggio. Il contenuto in sostanze nutritive digeribili, che nel fieno non è mai molto elevato, è invece su livelli analoghi a quelli dell’erba medica e dei trifogli se l’utilizzazione avviene in uno stadio precoce di sviluppo, prima che si verifichi un eccessivo aumento del contenuto in fibra.
La lupolina può essere confusa con altre piante che hanno foglie simili e piccoli fiori gialli, come il Trifolium campestre, il T. aureum, il T. dubium e la Oxalis stricta.
La Medicago lupulina è una pianta molto visitata dalle api per produrre miele.

Ofride di Bertoloni (Ophrys bertolonii): il nome di questa specie è un omaggio al medico e botanico sarzanese Antonio Bertoloni che la descrisse a Genova nel 1804.
Fiorisce da marzo a giugno e colora pascoli magri, cespuglieti, garighe, terreni sassosi, fino a 1000m di altitudine, su suoli calcarei asciutti o poco umidi.

Orchidea piramidale (Anacamptis pyramidalis): il nome specifico di questa bellissima orchidea si riferisce alla forma piramidale dell’infiorescenza, che compare da aprile a luglio; il fiore è organizzato per favorire l’impollinazione da parte dei Lepidotteri: la farfalla, indirizzata dalle due lamelle alla base del labello verso il nettare, mentre srotola e introduce la spiritromba nello sperone filiforme urta le masse polliniche, che le si fissano saldamente addosso per mezzo dell’unico retinacolo. Non esistono specie simili, questo genere in Italia è presente con questa unica specie.

Laddove le condizioni ambientali sono caratterizzate da maggiore aridità, suoli poco profondi o rocciosi, i prati a bromo sono pascoli magri e non compatti: non assumono le caratteristiche di manto erboso compatto e assomigliano più alla gariga (vedi ambiente n. 8 – Flora mediterranea e dei pendii rocciosi).
Sulle ampie praterie è possibile osservare un grande rapace in volteggio di perlustrazione: la poiana (Buteo buteo) è il rapace europeo più diffuso e abbondante. Con i suoi 120 cm di apertura alare è facile individuare la sua presenza in cielo, quando è in cerca di prede (principalmente roditori o lepri); la sagoma in volo è compatta, con le estremità alari rotondeggianti e la coda squadrata. Il colore del piumaggio è estremamente variabile, anche se tipicamente marrone sul capo e sulle “spalle”, con una banda chiara sul petto. La coda e le ali, più chiare del resto del corpo, presentano un bordo scuro negli individui adulti. Per l’osservazione è consigliabile aspettare le ore più calde della giornata, quando i rapaci iniziano a sfruttare le correnti termiche che si formano con il riscaldamento dell’aria, per salire alti in cielo senza un battito d’ali, per avvistare potenziali prede più in basso o scivolare via verso altri territori.

Nei prati incolti l’entomofauna abbonda: dalla mantide (Mantis religiosa) alle diverse specie di grilli (tra cui ad esempio il grillo campestre, Grillus campestris) e cavallette (come la cavalletta dei prati, Calliptamus italicus), sono davvero tantissimi gli insetti che abitano questo habitat. E laddove c’è abbondanza di questi animali, si riscontra ovviamente la presenza di predatori insettivori.

Tra questi possiamo citare sicuramente il rondone (Apus apus), il cui nome scientifico dice tutto: “a” = senza, “pous” = piede. In effetti questa specie ha zampe molto ridotte, effetto collaterale dell’evoluzione che ha portato questo uccello ad essere tra i più aerei in assoluto: vola incessantemente per predare insetti, si accoppia e si riposa in volo. Si può dire che l’unico momento che passa posato sia durante la deposizione delle uova, in un nido costruito a picco (tipicamente in anfratti di costruzioni umane), in modo che possa lasciarsi cadere per spiccare nuovamente il volo. Con le piccole zampe di cui dispone non sarebbe infatti in grado di decollare da terra! Visitatore primaverile-estivo estremamente comune nei centri urbani, è diffuso anche nelle aree verdi, dove si reca per cacciare in gruppo. È facile avvertire la sua presenza grazie ai tipici stridii acuti. Nonostante il nome e la coda biforcuta, il rondone non è imparentato con le rondini: il corpo tozzo e la sagoma a falce delle ali rispetto alle più piccole rondini permettono la distinzione tra specie simili per ragioni di convergenza evolutiva ma non di parentela (forme altamente aerodinamiche ma evolutesi indipendentemente tra loro come adattamenti al volo).

Strettamente insettivora vi è dunque anche la “tipica” rondine (Hirundo rustica), annunciatrice della primavera: coda profondamente biforcuta, colorazione scura (nero-bluastra) sul dorso e chiara sul ventre, oltre alla gola e alla fronte rossa. Molto facile osservarla in volo, meno da posata. Quando lo fa si trova spesso allineata con tanti suoi simili su fili della luce o steccati. Il volo è spesso incessante e vorticoso, sempre in caccia di insetti. È nota la sua abitudine a costruire il nido sotto i tetti: un continuo apporto di fango nel becco da parte dei futuri genitori serve per costruire un nido a coppa, aperto superiormente.
Tra le tante specie affini alle “vere rondini” va ricordato il balestruccio (Delichon urbicum), più piccolo di H. Rustica e dal piumaggio bicolore: nero bluastro sul dorso, bianco sul ventre e sul groppone (tra la schiena e la coda). La coda è biforcuta ma appare più tozza e con estremità meno appuntite rispetto alla rondine comune. Spesso è possibile osservare piccoli stormi di balestrucci sulle cime delle montagne, dove arrivano per inseguire gli insetti, loro prede. Anche il balestruccio costruisce nidi di fango sotto i tetti delle case di campagna: la forma chiusa, con un unico foro di ingresso permette di riconoscerlo rispetto a quello della rondine comune.

Un’altra specie predatrice di insetti, in particolare di api, vespe e altri imenotteri è il gruccione (Merops apiaster). Questa coloratissimo ucello deve il nome comune al suo richiamo tipico, un sommesso “griuu” ripetuto più volte; data l’abitudine gregaria dell’animale, il suo arrivo, prima ancora si riesca ad osservarlo, è spesso annunciato da rumorosi richiami emessi dallo stormo. Nelle nostre zone nidifica spesso sulle pareti sabbiose dei fiumi, dove costruisce piccole gallerie. Il colorato piumaggio lo rende unico: parte ventrale azzurra in contrasto con la gola gialla e il dorso marrone-rossastro… uno spettacolo in volo!
