Negli ambienti più aridi, quelli cioè tipici dei pendii rocciosi più assolati, troviamo alcune piante xerofile (adatte a climi siccitosi e suoli poveri in elementi nutritivi) legnose – cioè arbusti o erbe lignificate alla base – di piccola taglia come, ad esempio, l’artemisia a odore di canfora (Artemisia alba). Si tratta di popolamenti vegetali discontinui, solitamente collocati su suoli rocciosi a gradoni o in ripiani scavati in affioramenti rocciosi.
Alcune delle valli secondarie che portano piccoli corsi d’acqua al torrente Sillaro, specialmente nella media valle, sono costellate di affioramenti rocciosi ofiolitici che ospitano questo genere di ambienti; la piccola e affascinante valle del Rio dell’Osso ospita nella sua sinistra orografica alcuni affioramenti ofiolitici che rappresentano l’ambiente ideale in cui riscontrare la presenza di flora mediterranea e quella tipica dei pendii rocciosi.
Oltre all’artemisia a odore di canfora si possono trovare alcuni arbusti nani (con fusti prostrati, quasi aderenti al suolo) fra cui la steelina (Staehelina dubia) ed il teucrio o camedrio montano (Teucrium montanum). Fra le piante erbacee si trovano il bromo (Bromus erectus) e la arrestabue o ononide spinosa (Ononis spinosa).
Le specie
Teucrio o camedrio montano (Teucrium montanum): fiorisce da maggio ad agosto e vive su prati e pendii erbosi assolati e aridi fin oltre i 2000 metri di quota. È una pianta officinale: ne vengono utilizzate le parti aeree, le quali hanno proprietà antiossidanti, toniche, stomatiche, stimolanti dell’apparato urinario e utili contro gli spasmi dell’apparato digerente. Veniva un tempo usata contro le punture degli insetti.

Bromo (Bromus erectus): I sofferenti di febbre da fieno sicuramente non amano questa pianta, poiché, di tutte le piante che vivono in Italia, questa graminacea produce probabilmente le più grandi e le più irritanti nuvole di polline.
Come tutte le graminacee, il bromodipende dal vento per trasferire il polline da una pianta all’altra e le quantità di polline che si diffondono dai prati dove è presente questa specie sono prodigiose. Bromus erectus è una pianta comune nei prati aridi su suolo basico. Si trova anche su terreni incolti e lungo i cigli stradali.

Arrestabue o ononide spinosa (Ononis spinosa): è una leguminosa che si trova principalmente in terreni argillosi o calcarei in aree sufficientemente soleggiate; contribuisce al miglioramento del suolo nei terreni poveri e sabbiosi poiché fissa l’azoto atmosferico.
Sembra che l’ononide fosse già nota a Dioscoride e a Plinio, i quali ne impiegavano le radici per provocare la diuresi e per facilitare l’espulsione dei calcoli renali. Per lo stesso scopo venne impiegata, più tardi, dal Mattioli ed anche oggi l’ononide è classificata fra le erbe ad azione diuretica ed è impiegata in terapia, oltre che per aumentare la diuresi, per favorire l’eliminazione dei cloruri. Da esperti erboristi l’ononide è indicata nella terapia delle artriti croniche; l’infuso delle parti aeree della pianta è usato nella terapia degli eczemi di tutti i tipi e di ostinati pruriti cutanei.
Il decotto ottenuto dalla radice essiccata è utilizzato per gargarismi contro infiammazioni a livello della bocca e della gola. L’ononide, inoltre, entra nella composizione della specie per tisana alla gramigna prevista dal Formulario Galenico Nazionale, ed è presente in specialità medicinali registrate.

In zone a clima propriamente mediterraneo, come quello che si trova laddove si insediano popolamenti di leccio (Quercus ilex), troviamo un ambiente che prende il nome di gariga: le caratteristiche di queste zone sono affini per composizione della flora e per la sua struttura (aggruppamenti aperti di piccoli arbusti) a quelle caratterizzate dalla presenza di artemisia a odore di canfora.
In valle del Sillaro, specialmente nella media valle, sono stati individuati alcuni piccoli popolamenti di leccio in espansione, tuttavia nessun itinerario escursionistico ci permette di esplorarli.
Sugli assolati versanti caratterizzati dalle presenze di specie della flora mediterranea è possibile l’osservazione di alcune specie di serpenti. Pur costituendo un incontro occasionale per la loro elusività e la loro propensione ad allontanarsi al minimo movimento, non è infatti impossibile imbattersi in un affascinante corpo sinuoso tra i sassi o tra l’erba. Sgombrando subito il campo dagli equivoci, va ricordato che la quasi totalità dei serpenti italiani è innocua per l’uomo e un’elevatissima percentuale di avvistamenti riguarda proprio specie non velenose. La vipera comune (Vipera aspis) non è segnalata nella media Valle del Sillaro, pur rimanendo diffusa sull’arco appenninico più elevato.
Tra le specie più comuni e presenti sono invece il biacco (Hierophis viridiflavus) e il saettone (Zamenis longissimus) e la biscia dal collare (Natrix natrix). Quest’ultima è particolarmente legata ad ambienti acquatici, mentre le prime abitano prati, zone rocciose e versanti assolati.


Quante volte invece il povero orbettino (Anguis veronensis) si sarà sentito identificare come un serpente… senza esserlo! Questo animale è infatti parente stretto della lucertola: nel corso dell’evoluzione la selezione naturale ha portato alla perdita completa degli arti, favorendo una locomozione strisciante. Se a prima vista l’aspetto dell’orbettino è quello di un piccolo serpente, osservandolo da vicino ci si accorge degli occhi e del corpo “da lucertola”. Tale è anche per la caratteristica più famosa di questo animale, che in caso di pericolo può perdere la coda, confondendo il predatore.
