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Chiunque passeggi fuori da un sentiero segnato, che sia per la ricerca di funghi o per esplorare una zona boscata che non abbia percorsi di accesso, ha sperimentato quanto sia talvolta complicato penetrare in bosco a causa dell’intrico di rami e cespugli che ne affollano i margini; se si tratta di un bosco sviluppato invece camminare all’interno sarà più agevole perché gli arbusti si diradano e le ramificazioni più basse degli alberi sono assenti.

Le condizioni di maggiore luminosità che si verificano ai margini del bosco inducono l’addensamento di specie arbustive eliofile, quelle cioè il cui accrescimento è fortemente vincolato ad un maggiore irraggiamento solare rispetto ad altre specie. In condizioni naturali, dunque, il bosco risulta circondato da un complesso di vegetazione più basso, esternamente arbustiva, poi arboreo – arbustiva, passando gradualmente da aree prive di bosco alla foresta vera e propria.

Questa cintura è spesso di larghezza limitata, ma è quasi sempre riconducibile a determinati tipi:

  • la fascia arbustiva esterna è tipicamente corrispondente a popolamenti di citiso e ginepro (vedi ambiente n. 7 “Boschi di roverella e cespuglieti con citiso, ginepro, ginestra”);
  • la fascia arboreo-arbustiva è invece rapportabile alla forma cespugliosa dei boschi di orniello e carpino nero (vedi ambiente n. 4 “I querceti mesofili”);

Queste fasce vegetazionali costituiscono una barriera protettiva per i boschi, contribuendo a mantenere equilibrate le condizioni di umidità e temperatura all’interno della foresta, ostacolando inoltre l’ingresso di venti freddi o disseccanti.

Quando al margine della fascia più esterna (quella arbustiva) non sono presenti disturbi alla vegetazione, essa tenderà a colonizzare le zone circostanti, fungendo da avanguardia preparatoria all’insediamento del bosco.

Talvolta invece questa fascia esterna protettiva viene alterata o rimossa dall’uomo durante l’esecuzione di pratiche colturali: in questi casi il primo cespuglieto ad insediarsi, sostitutivo del citiso – ginepreto, è solitamente un cespuglieto a vitalba e rovi come descritto nell’ambiente n. 2, “Aree agricole e sub urbane”.

I margini dei boschi, dominati prevalentemente da specie arbustive, sono molto frequentate da uccelli che sfruttano le siepi per la costruzione del loro nido e qui trovano risorse alimentari come semi e bacche.

La famiglia dei Fringillidi raggruppa diverse specie di taglia piccola, molto canterini e dal tipico becco triangolare, adatto alla dieta granivora. Il fringuello (Fringilla coelebs), che dà il nome alla famiglia, è tra i più comuni e facili da avvistare, oltre che da sentire, con il tipico canto lungo che termina con una nota acuta, molto diffuso in tutto il periodo primaverile ed estivo. Il corpo ha colorazione marrone-rossastra, con il capo e la nuca blu-grigi e le ali nere barrate di bianco. La femmina ha colori meno accesi, privi della testa grigia e del petto rossastro, sostituiti da un uniforme marrone chiaro.

Ghiotto di semi in generale e di quelli di cardo in particolare, da cui trae il nome, il cardellino (Carduelis carduelis) è un fringuello inconfondibile per la sua colorazione: la faccia rossa e le guance bianche spiccano su un corpo color marrone chiaro e le ali gialle e nere. Nel nostro territorio e in tutta la penisola è sedentario e nidificante comune. Una leggenda, molto simile a quella del pettirosso, spiega la colorazione rosso accesa sul viso: si dice che il cardellino si ferì cercando di estrarre le spine dalla corona di Gesù. È proprio questo uccellino che nel quadro “La Madonna del Cardellino”, Raffaello dipinge a simboleggiare la futura Passione di Cristo.

Una risorsa alimentare molto presente nelle fasce arbustive ai margini dei boschi è anche quella degli insetti, cibo principale dello scricciolo (Troglodytes troglodytes). Con i suoi 10 cm di lunghezza testa-coda e 10 g di peso, è tra gli uccelli più piccoli del nostro territorio. È una specie comunemente presente tra i cespugli e le fronde degli alberi ma anche in radure e zone aperte dove sono presenti mucchi di rami o tronchi tagliati, dove piccoli suoni metallici testimoniano la sua presenza. La piccola dimensione dello scricciolo necessita di un’osservazione attenta per la sua individuazione ma rimane una specie che è facile vedere zampettare e fare brevi voli, sicura all’interno delle frasche. Ha un piumaggio diffusamente marrone, più chiaro e picchiettato sulla parte ventrale; una caratteristica peculiare riguarda la corta coda, tenuta sempre sollevata verticalmente.

Nelle fasce marginali trovano elevata disponibilità alimentare anche altri animali insettivori, come i Chirotteri, ordine di Mammiferi che raggruppa specie comunemente note come pipistrelli, a cui appartengono moltissime specie diverse, quasi tutte tra le più minacciate dai cambiamenti antropici. L’inquinamento ambientale ha infatti colpito duramente le sue prede tipiche: gli insetti, quasi scomparsi anche a seguito della progressiva riduzione degli habitat tipici quali boschetti, siepi e margini incolti dei campi. L’inquinamento luminoso ha provocato una deleteria alterazione del ritmo circadiano di questi animali, che soffrono infine anche per la perdita di cavità naturali per la riproduzione e lo svernamento. La media Valle del Sillaro è un territorio poco antropizzato, che ha conservato alcune caratteristiche fondamentali per i Chirotteri: in quasi tutti i suoi ambienti e soprattutto al crepuscolo, lungo le siepi residuali ai bordi dei campi e dei boschi si può infatti riscontrare la presenza di diverse specie come il ferro di cavallo maggiore e minore (Rhinolophus ferrumequinum e R. Hipposideros), il barbastello(Barbastella barbastellus), il pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus), la nottola (Nyctalus noctula), il miniottero (Miniopterus schreibersii) e il vespertilio maggiore (Myotis myotis).

Tutti questi animali sono dotati di una formidabile arma di caccia, evolutasi nel corso dei millenni: l’ecolocalizzazione. Un vero e proprio sonar che funziona con l’emissione di ultrasuoni, in grado di scovare e far inseguire loro gli insetti in volo, tracciando le onde sonore di ritorno e interpretandole come una vera e propria “mappa acustica”.

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