Come si originano i calanchi?
Si ritiene che alla base del processo di formazione iniziale dei calanchi vi sia il disboscamento delle foreste di querce sempreverdi, avvenuto per opera umana: ciò ha esposto i suoli argillosi, altamente erodibili, ai rigori del clima. Fenomeni di dissesto idrogeologico come il dilavamento e il ruscellamento delle acque meteoriche, insieme a frane, divennero i fattori determinanti nel modellamento del terreno, la cui risultante fu la genesi dei calanchi.
L'ambiente del fondovalle
Sia chi conosce la valle del Sillaro, sia chi la visita per la prima volta, rimane colpito dal fascino struggente delle formazioni a calanco che denotano ampi tratti di versante, sui pendii della bassa e media valle. Si tratta delle manifestazioni più “estreme” dei processi erosivi incanalati ed assai diffuse nell’ambito della regione delle “argille scagliose”.
I solchi che si formano per azione delle acque piovane si accentuano rapidamente, allungandosi e procedendo a ritroso, moltiplicandosi e ramificandosi.
Tale processo si estende ad interi versanti, suddivisi da numerose vallecole separate a loro volta da strette creste aguzze. Le cause di innesco del processo che porta alla formazione dei calanchi sono molteplici e spesso concomitanti:
- substrato prevalentemente argilloso;
- regime climatico con lunga estate secca e piogge intense in brevi periodi dell’anno;
- esposizione meridionale dei versanti;
- pendenza del versante compresa tra i 40-60° che favorisce il rapido deflusso dell’acqua.
In ambiente arido la relazione tra suolo e vegetazione gioca un ruolo decisivo nella prevenzione dall’erosione: la vegetazione funge da protezione contro l’erosione: la parte aerea delle piante intercetta le gocce, riducendo la velocità di scorrimento dell’acqua sul terreno e favorendone l’infiltrazione in profondità. La lettiera inoltre va ad arricchire in minerali e materia organica tutti gli strati del terreno, permettendo l’insediamento e la stabilizzazione della fauna e l’evoluzione della flora, contribuendo a far decrescere le possibilità di erosione del suolo da parte degli agenti atmosferici.
Quello dei calanchi è un ambiente eterogeneo: nella parte sommitale dominano le specie tipiche dei prati post colturali ed in particolare sul grigio (più o meno scuro) dell’argilla compaiono i fiori colorati di rosso porpora di sulla (Hedysarum coronarium). I caratteri veri e propri del calanco si presentano però nelle pareti più ripide, che consentono la vita solo a poche specie in grado di tollerare l’elevata aridità di questo ambiente e la presenza di sali di sodio (solfati e cloruri) che caratterizzano le acque circolanti.
La vegetazione in grado di sopportare condizioni così estreme sono poche; fra queste troviamo Agropyron litorale, Scorzonera laciniata, Aster linosyris. Non è raro, anche in valle del Sillaro, imbattersi nell’assenzio dei calanchi (Artemisia cretacea).
Le salse
Le salse di Sassuno, o del Dragone, sono le più evidenti manifestazioni di questo tipo che si incontrano nella provincia di Bologna. Localizzate nella valle del rio Sassuno, affluente in sinistra del torrente Sillaro, hanno creato un pianoro argilloso. La posizione e dimensione di questi vulcanetti di fango cambia continuamente e la loro attività pare fosse molto più vivace in passato, quando le esplosioni che si verificavano furono causa del nome “Il Dragone”.
Le salse hanno origine dalla presenza in profondità di sacche di metano e petrolio, a cui si accompagnano sempre acque marine fossili che, risalendo a causa della pressione interna del giacimento, stemperano le argille formando fanghiglie salate più o meno dense. Nel caso delle salse del Dragone i materiali attraversati sono le argille scagliose.
Nei punti di emissione si originano i vulcanetti che si elevano ad altezze diverse in relazione alla densità del fango: materiali molto fluidi originano crateri dove gorgogliano liquide melme, mentre fanghi più densi danno forma a rilievi che possono superare un metro di altezza.
È piuttosto frequente ritrovare all’interno delle argille campioni di pirite di dimensioni variabili, a testimonianza dei processi geochimici e mineralogici sotterranei responsabili di questi fenomeni “eruttivi”.
Dall’area di emissione dei fanghi si origina una ampia frana che raggiunge il fondovalle del rio Sassuno, presso il quale si possono incontrare i cuscinetti densi della rara canforata di Montpellier (Camphorosma monspeliaca), una chenopodiacea endemica di Emilia-Romagna e Marche, particolarmente adattata ai difficili substrati argillosi con minuscole foglie riunite a mazzetti dall’odore di canfora.
Le specie
Sulla (Hedysarum coronarium): in maggio il colore della sulla rende il paesaggio della valle del Sillaro incantevole e decora i margini dei sentieri e dei coltivi; la sulla è considerata ottima mellifera, così che il miele di sulla è fra i più apprezzati e conosciuti. Il colore del miele di sulla va da quasi bianco a giallo paglierino quando è liquido, se invece è cristallizzato il colore è da bianco cera a beige. L’odore è molto tenue, floreale, leggermente di fieno e il sapore è dolce, leggermente acido. Contiene fruttosio di alta qualità e grandi quantità di oligoelementi (magnesio, rame, zinco, ferro, manganese).
La sulla è una pianta edule ed è usata anche in erboristeria per le note proprietà astringenti, vitaminizzanti e contro il colesterolo. Per l’alto valore proteico e il contenuto di tannini viene utilizzata per ridurre le infezioni gastro-intestinali degli animali al pascolo come i bovini o il pollame. In erboristeria è usata in preparati astringenti e come ipocolesterolemizzante per via interna. In cucina vengono usate foglie e fiori per insalate crude miste, per preparare flan, frittate e zuppe varie.
Assenzio dei calanchi (Artemisia cretacea): una delle poche specie che può vivere nell’argilla nuda, essendo in grado di riflettere la radiazione solare, di resistere alla salinità del suolo, di abbarbicarsi al terreno in movimento e di ricacciare dei getti qualora sia seppellita dalle frane. In passato veniva usata dai contadini romagnoli (presso cui era conosciuta come “santongh”) per aromatizzare il formaggio di pecora. Da distinguere dall’Artemisia comune o assenzio selvatico (Artemisia vulgaris).
Un ambiente aspro come quello dei calanchi e delle salse non è particolarmente sfruttato dalle specie animali, che preferiscono habitat con elevata disponibilità trofica. Ma talvolta questi ambienti assolati possono aiutare gli animali ectotermi (comunemente detti “a sangue freddo”) per velocizzare un metabolismo altrimenti ridotto dalle basse temperature notturne.
Questo è un comportamento tipico dei rettili, come ad esempio le due le specie di lucertola comunemente diffuse su tutta la nostra penisola: la lucertola muraiola (Podarcis muralis) e la lucertola campestre (Podarcis siculus). La prima si riconosce da una colorazione screziata di vari toni di grigio e marrone, mentre la seconda ha una tipica colorazione verde o verde-bruna sul dorso. Piccole differenze di habitat sono sottolineate dai nomi comuni delle due specie, che si possono comunque osservare molto comunemente in zone anche antropizzate.
Esiste anche un piccolo rapace molto pericoloso per le lucertole, perché in grado di rimanere librato in aria, mentre osserva con la sua vista acuta eventuali movimenti di prede in basso. Pur nutrendosi prevalentemente di piccoli roditori, il gheppio (Falco tinnunculus) non disdegna infatti qualche rettile o insetto nella sua dieta, che cattura grazie a questo particolare volo librato chiamato “spirito santo”, con le ali battute frequentemente e la coda aperta a ventaglio. Il gheppio è un rapace molto comune, facile da avvistare mentre vola alla ricerca di prede sui campi o sui margini di calanchi e piccoli boschi. Come la maggior parte dei rapaci, la parte ventrale del suo corpo è chiara, con piccole macchie scure abbastanza uniformemente distribuite. La parte superiore è invece colorata di bruno-rossastro con le stesse piccole macchie scure e la punta delle ali nera. Il diverso colore del capo permette di riconoscere i sessi: grigio chiaro nei maschi, bruno-rossastro nelle femmine.
Sugli assolati terreni grigi dei calanchi è possibile osservare anche piccole cavallette perfettamente mimetizzate con il substrato: dalla livrea maculata con diverse gradazioni di grigio, l’edipoda è praticamente invisibile e si apprezza bene solo quando spicca il volo. Questo perché il secondo paio di ali, nascosto dal primo quando sono a riposo, sono di un appariscente colore azzurro (Oedipoda caerulescens) o arancione (O. Germanica) a seconda delle specie. Il significato evolutivo è probabilmente da ricercare nello shock visivo causato da questi colori, che quasi abbagliano l’eventuale predatore, impossibilitato poi a ritrovare l’edipoda in quanto perfettamente mimetizzata una volta posato a terra.