Risalendo le pendici delle colline che si affacciano sulla valle del Sillaro e sulle valli più piccole ad essa affluenti non è raro imbattersi in pozze d’acqua; si tratta per lo più di laghetti di origine artificiale creati per fungere da riserva idrica per attività agricole, prevalentemente per irrigazioni di soccorso o come fonte d’acqua per il bestiame al pascolo.
In questi microambienti di zona umida la vegetazione assume rilevanza ai fini della biodiversità, nonostante le superfici interessate risultino alquanto ridotte. In termini ecologici si parla di biotopo, cioè una zona limitata in dimensioni nella quale interagiscono specie vegetali e animali formando ciò che prende il nome di biocenosi, cioè una comunità; questi piccoli laghetti in definitiva sono aree in cui le condizioni fisico-chimiche ed ambientali sono pressoché costanti; l’ecosistema è formato quindi da biocenosi e da biotopo.
Gli habitat di questo tipo sono estremamente localizzati e di superficie ridottissima e minimale.
Lo stato di conservazione è precario ed è condizionato dalla presenza di acqua nella pozza, dalla gestione degli apporti idrici e in parte dal calpestio del bestiame, domestico e selvatico, ai margini della pozza per l’utilizzo per abbeveraggio.
Le piante che vivono in condizioni di criticità maggiore sono quelle delle acque ferme o stagnanti. La torbidità delle acque, causa la presenza di sedimento sospeso, di microalghe, di macroalghe e di foglie morte, determina una scarsa penetrazione della radiazione luminosa e, dunque, riduce il tasso di fotosintesi, influenzando direttamente il tasso di crescita delle piante acquatiche.
Sulla base della distribuzione e delle esigenze delle piante acquatiche, esse sono tipicamente suddivise in idrofite (piante tipicamente acquatiche), eliofite (di ambienti palustri), piante riparie o igrofile (di ambienti ripariali ombreggiati e umidi).
Le idrofite radicanti sono tipiche del potameto-lamineto (zona compresa tra il centro di un corpo d’acqua d’acqua e la sponda); segue il ninfeeto, caratterizzato sempre da idrofite radicanti ma con foglie emergenti (emerse, galleggianti); segue il fragmiteto, popolato da elofite; segue l’ultima fascia, solo sporadicamente allagata, detta saliceto, che comprende anche essenze ad alto fusto, che non trattiamo in questa sede.

Vegetazione algale
Alcune piccole pozze ospitano una particolare vegetazione idrofitica costituita da alghe a candelabro appartenenti al genere Chara. In questi biotopi, tale vegetazione generalmente va ad occupare lo strato inferiore libero, essendo questo genere di alghe poco competitive.
Vegetazione rizofìtica
Si parla di una comunità di piante con la caratteristica di radicare sul fondo del corpo d’acqua, ma che, per il resto, risultano notevolmente diversificate, sia nelle caratteristiche dell’apparato vegetativo, che in base alle strategie riproduttive.
In alcuni dei laghetti troviamo fitocenosi rizofìtiche formate da specie con foglie galleggianti, circolari, laminari, ancorate sul fondo oppure da specie a foglie finemente suddivise sommerse e fluttuanti, diffuse in acque mediamente profonde, stagnanti o debolmente correnti, su fondali fangosi.
Una specie diffusa nei laghetti della valle del Sillaro è la brasca comune (Potagemons natans), che presenta foglie sia galleggianti che sommerse. Quelle galleggianti sono di forma ovale lunghe fino a 10 cm, di colore verde oliva. In primavera ed estate produce delle spighe che emergono per qualche cm dall’acqua, di colore verde marrognolo. Fiorisce da aprile a luglio ed è utilizzata anche come pianta decorativa negli stagni artificiali.

Vegetazione elofitica
Le elofite comprendono tutte le specie vegetali che radicano sul fondo, hanno le porzioni basali sommerse per gran parte dell’anno, con la maggior parte di fusto, foglie ed infiorescenze emergenti sopra la superficie dell’acqua.
Nei laghetti che troviamo nei dintorni della valle del Sillaro le specie prevalenti sono Typhetum latifoliae, il morso di rana (Hydrocharis morsusranae), pianta acquatica provvista di radici fluttuanti che in caso di scarsità di acqua possono ancorarsi al substrato, e alcune del genere Lemna, le lenticchie d’acqua comune (Lemna minor) e lenticchia d’acqua spugnosa (Lemna gibba).

Lenticchia d’acqua comune (Lemna minor): In inverno, questa minuscola pianta galleggiante forma foglie che contengono più amido delle foglie normali: si tratta di un adattamento per sopravvivere a lunghi periodi di condizioni di crescita fredde o sfavorevoli. È possibile anche la coltivazione della pianta, in estese colonie, in vasche con flusso di soluzioni acquose reflue (di deiezioni animali), al fine di produrre amido da utilizzare per la produzione di biogas, sostituendo in modo economicamente vantaggioso il mais.
Lenticchia d’acqua spugnosa (Lemna gibba): si può confondere con altre specie del genere Lemna; si caratterizza per un tasso di crescita molto elevato in presenza di acque ricche di nutrienti. In ecotossicologia viene utilizzata per la valutazione della presenza di inquinanti di corsi e corpi d’acqua.
